Per edilizia residenziale pubblica (ERP) si intende quella realizzata, direttamente o indirettamente dallo Stato,
per la creazione a costi ridotti di abitazioni da assegnare, a condizioni economiche particolarmente
favorevoli, a cittadini con redditi bassi o che si trovino in condizioni economiche disagiate. L’intervento
pubblico in materia di edilizia residenziale ha portato a distinguere tra edilizia sovvenzionata, convenzionata
ed agevolata:
per edilizia sovvenzionata si intende quella che fruisce di contributi diretti dello Stato finalizzati a
creare abitazioni destinate in locazione ai cittadini che si trovino in condizioni economiche disagiate (le
cosiddette “case popolari”) e che dovrebbero ruotare man mano che gli assegnatari non rientrano più
nei parametri reddituali;
per edilizia convenzionata si intende quella diretta far acquisire la proprietà della casa, per specifiche
categorie di persone, attraverso prezzi di locazione o di acquisto successivo calmierati in base a
convenzioni stipulate con i comuni.
per edilizia agevolata si intende quella finalizzata alla costruzione di alloggi da destinare a prima
abitazione, realizzata da privati con finanziamenti messi a disposizione dallo Stato o dalle Regioni, a
condizioni di particolare favore, e con contributi in conto interessi e a fondo perduto.
L’edilizia residenziale pubblica è stata sostenuta con numerose leggi che si sono susseguite nel tempo, a
partire dal primo dopoguerra, con il Testo unico sull’edilizia popolare ed economica del 1938, in base al
quale sono nati gli Istituti Autonomi Case Popolari (IACP).
In materia di finanziamenti, con l’entrata in vigore delle leggi 25/1980, 94/1982 e soprattutto della legge
457/1978 (“Piano decennale”) si modificò il sistema dei finanziamenti relativi all’ERP che permise un
intensificarsi dell’attività costruttiva degli IACP, alla quale si unì anche quella del recupero (novità assoluta
per gli Istituti). In passato gli Istituti disponevano di fondi per le costruzioni in modo disorganico, senza
pertanto essere in grado di effettuare una programmazione pluriennale. Con la legge 457/1978, gli IACP
poterono contare su di un sistema di sovvenzioni1
Alla fine degli anni ottanta e negli anni novanta vanno segnalati: il proseguimento del piano decennale (L.
67/1988) ed il programma dell’intervento pubblico nel settore dell’edilizia residenziale di cui alla L.
179/1992, più vasto rispetto alla L. 457/1978; la L. 560/93, che consentendo la vendita di una cospicua parte
del patrimonio immobiliare degli enti pubblici, costituì la base per un rilancio dell’edilizia residenziale
pubblica, prevedendo espressamente il reinvestimento dei ricavi per l’incremento e la riqualificazione della
stessa.
Dal 1992 al 1995, utilizzando la L. 179/92, sono stati programmati vari piani di recupero urbano attraverso
piani integrati con Comuni. A partire dal 1995 lo IACP si è trasformato in ente pubblico strumentale con
personalità giuridica ed autonomia organizzativa e contabile assumendo in molti casi il carattere di Azienda
Le nuove aziende, economicamente autonome, superando un carattere prevalentemente semi-assistenziale,
sono diventati organismi in grado di perseguire il loro ruolo fondamentale per una più efficace politica della
edilizia residenziale anche in assenza di sovvenzioni pubbliche.
Competenze dello Stato e delle Regioni.
L’art. 117 della Costituzione, nel testo vigente prima della riforma del 2001 del Titolo V, nell’ elencare le
materie in cui le Regioni avevano competenze legislative (e amministrative), indicava anche “l’urbanistica”
e i “lavori pubblici di interesse regionale”. Se ne deduceva che la potestà legislativa poteva essere esercitata
dalle Regioni anche in materia di edilizia residenziale pubblica, nell’accezione più ampia, ma, ovviamente,
entro la dimensione regionale degli interessi al cui soddisfacimento le relative attività sono rivolte (Corte
Cost., sent. n. 221/75).
L’autonomia legislativa regionale doveva però necessariamente esplicarsi, ai sensi dell’art. 117, nel rispetto
“dei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato”: una competenza, dunque, concorrente.
Sui “principi fondamentali” dello Stato cui le Regioni avrebbero dovuto attenersi nell’esercizio della potestà
legislativa ad esse attribuita non è stata emanata una disciplina generale relativa alla loro osservanza. Il
sistema di riparto di competenze tra Stato e Regioni si è realizzato, in concreto, attraverso una serie di leggi
che hanno contemplato, da un lato, l’affidamento alle Regioni di funzioni amministrative sempre più ampie
per effetto del principio del parallelismo delle funzioni amministrative con quelle legislative e, dall’altro,
l’attribuzione allo Stato della formulazione di “criteri generali”, seppur limitatamente ad alcuni aspetti della
materia (assegnazioni e fissazione dei canoni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica e modalità di
alienazione di tali alloggi).
Le funzioni amministrative statali in materia di edilizia residenziale pubblica indicate all’art. 4 della L.
865/1971 sono state, dapprima, “delegate” e, poi, con l’art. 5 del DPR 1036/1972 “trasferite”, insieme ad
ulteriori attribuzioni rispetto a quelle delegate, alle Regioni. Con il DPR 616/1977 sono state poi trasferite
alle Regioni ulteriori funzioni, e più precisamente quelle concernenti la programmazione regionale, la
localizzazione, le attività di costruzione e gestione di interventi di edilizia residenziale pubblica e di edilizia
sociale nonché le funzioni connesse alle relative procedure di finanziamento e le funzioni statali relative agli
IACP (art. 93, comma 1).
Il menzionato DPR 616/1977 ha anche trasferito ai Comuni “le funzioni amministrative concernenti
l’assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica” (art. 95), ma riservando allo Stato la
determinazione dei “criteri” per le assegnazioni di tali alloggi e per la fissazione dei relativi canoni (art. 88).
A seguire, la L. 457/1978 ha attribuito al CIPE il compito di determinare le linee di intervento nel settore
dell’edilizia residenziale e le risorse da destinarvi (art. 2).
Con la sentenza n. 727/88 la Corte costituzionale, nel confermare l’attribuzione alle Regioni di un’ampia
potestà legislativa nella materia di edilizia residenziale pubblica, chiarì che ciò non aveva fatto venir meno il
potere dello Stato di stabilire, ai sensi dell’allora vigente “vecchio” testo dell’art. 117 Cost., i “criteri
generali” per l’assegnazione e per la fissazione dei canoni degli alloggi.
Una marcata novità nella ripartizione delle competenze Stato/Regioni è stata operata dal D.lgs 112/1998 con
il quale le funzioni amministrative non espressamente indicate tra quelle mantenute allo Stato, sono state
conferite alle Regioni (artt. 59 e 60). Sono state tra l’altro mantenute allo Stato le funzioni relative “alla
fissazione dei criteri per l’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale destinati all’assistenza abitativa,
nonché alla determinazione dei relativi canoni” e le funzioni e i compiti riguardanti la “determinazione dei
principi e delle finalità di carattere generale e unitario in materia di edilizia residenziale pubblica anche nel
quadro degli obiettivi generali delle politiche sociali” nonché quelli concernenti la “definizione dei livelli
minimi del servizio abitativo, nonché degli standard di qualità degli alloggi di edilizia residenziale
pubblica”.
Da notare che nel ristretto nucleo di competenze mantenute allo Stato dall’art. 59 del Decreto 112 non
compare più la funzione di programmazione nazionale dei finanziamenti dell’edilizia residenziale pubblica,
mentre al successivo art. 60, fra le funzioni conferite alle Regioni, viene indicata la “programmazione delle
risorse finanziarie destinate al settore” programmazione/localizzazione). Allo Stato sono rimasti, in sostanza,
i compiti di determinazione di principi e finalità di carattere generale, raccolta di informazioni, impulso,
garanzia e sostegno delle fasce economicamente più deboli.
Le norme sopra ricordate sono state integrate dall’art. 61 recante l’insieme delle disposizioni finanziarie di
dettaglio necessarie a rendere effettivo l’accreditamento alle singole Regioni delle risorse finanziarie previste
dalle numerose leggi che hanno disposto finanziamenti di interventi di edilizia residenziale pubblica.
Con l’entrata in vigore del nuovo titolo V della Costituzione, approvato con legge costituzionale n. 3/2001, si
è verificato un radicale riassetto dei poteri legislativi tra Stato e Regioni. All’art. 117, comma 1 sono indicate
le materie di competenza esclusiva dello Stato, tra le quali, alla lettera m), la “determinazione dei livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio
nazionale”. Al comma 2 sono indicate le materie di legislazione concorrente (alla Regione spetta la potestà
legislativa salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato),
tra le quali il “governo del territorio”. Al comma 4 viene stabilito che qualunque altra materia spetta alla
competenza legislativa regionale (“Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia
non espressamente riservata alla legislazione dello Stato”). È’ la c.d. competenza regionale residuale.
In particolare, dunque, l’art. 117 non indica l’edilizia pubblica residenziale né tra le materie di legislazione
esclusiva statale, né tra quelle di legislazione concorrente (ove figura, però, il c.d. “governo del territorio”),
con la conseguenza che le relative competenze ricadono nelle materie comprese nella legislazione residuale
delle Regioni. La scelta, effettuata in sede di revisione costituzionale, non ha peraltro intaccato la ripartizione
di competenze già esistenti tra Stato e Regioni in materia di edilizia residenziale pubblicadando piuttosto
copertura costituzionale ad una situazione di competenze regionali già consolidata non solo nella legislazione
ordinaria, ma anche nella giurisprudenza della Corte costituzionale (sentenze 221/1975, 140/1976, 727/1988
e 352/2001).
In seguito al mutamento della disciplina costituzionale del riparto delle competenze legislative tra Stato e
Regioni, la Corte (sent. 94/2007) ha distinto, nell’edilizia pubblica residenziale, “tre livelli normativi”. Il
primo, di competenza legislativa esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, 2° comma lett. m), riguarda la
determinazione dell’offerta minima di alloggi destinati a soddisfare le esigenze dei ceti meno abbienti. In tale
contesto, laddove lo Stato eserciti le relative prerogative, si inserisce la “… fissazione di principi che valgano
a garantire l’uniformità dei criteri di assegnazione su tutto il territorio nazionale, secondo quanto prescritto
dalla sentenza n. 486 del 1995”. Il secondo e il terzo livello normativo, riguardanti competenze regionali,
concorrenti e residuali, concernono: a) la programmazione degli insediamenti di edilizia residenziale pubblica
(rientrante nella materia del “governo del territorio” ex art. 117, 3° comma della Costituzione; b) la gestione
del patrimonio immobiliare ERP di proprietà degli IACP o degli altri enti a questi succeduti per effetto della
legislazione regionale (riconducibile alla legislazione residuale ex art. 117, c. 4° della Costituzione).
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